TARANTO - MERCOLEDÌ 08 MARZO 2017CRONACA
L'analisi di Taranto BuonaSera
Il mese più lungo per l’Ilva
Si decide chi prenderà le redini dello stabilimento siderurgico
DI LA REDAZIONE
L'ilva di Taranto © Tbs
Fuori i secondi, per usare il gergo della boxe. Si combatte.
Le due cordate che mirano al controllo dell’Ilva sono sul ring, dopo che ieri sono (finalmente) state aperte le buste con le offerte vincolanti. Ad un angolo la cordata composta da AcciaItalia, Jindal, Delfin e Arvedi, col sostegno finanziario di Cassa Depositi e Prestiti, dall’altra parte il consorzio Am Investco Italy, formato da Marcegaglia e ArcelorMittal al quale dovrebbe aggiungersi - ed è la notizia emersa ieri, un colpo per certi versi a sorpresa - Intesa Sanpaolo, dopo che la banca ha siglato col consorzio una lettera d’intenti. Quello che inizia è il mese decisivo, il più lungo per il gigante d’acciaio tarantino.
Le offerte sono state trasmesse all’advisor finanziario della procedura di amministrazione straordinaria, Rothschild, e ora inizieranno gli adempimenti legati alla procedura, con la valutazione dei singoli aspetti delle proposte messe in campo dai due contendenti. Tre anni fa l’azienda era data per spacciata con una perdita di 500 milioni l’anno, con gli impianti sotto sequestro e i fornitori alla finestra in attesa di pagamento. Adesso Ilva segna un fatturato 2016 in miglioramento sul 2015 a 2,2 miliardi, una riduzione dell’Ebitda negativo del 62% e una decisa ripresa della produzione. ArcelorMittal e Marcegaglia hanno deciso di giocare a carte scoperte, e potrebbe essere interpretato come un segnale di forza.
In un comunicato hanno spiegato che la proposta prevede 2,3 miliardi di investimenti nell’Ilva, oltre al prezzo d’acquisto (che non viene reso noto), una produzione di 9,5 milioni di tonnellate di prodotti finiti, l’impegno a realizzare un centro di ricerca e sviluppo a Taranto e usare nuove tecnologie per la produzione di acciaio a bassa emissione di anidride carbonica. Si prevedono investimenti di più di 2,3 miliardi di euro oltre al prezzo di acquisto: spese in conto capitale nel comparto ambientale superiori a 1,1 mld di euro, incluse le spese per bonifiche, al fine di conseguire performance ambientali ottimali in aree chiave, tra cui emissioni di aria e trattamento delle acque; spese in conto capitale in ambito industriale superiori a 1,2 mld di euro, tra cui spese in conto capitale per recuperare la ritardata manutenzione e consistente programma relativo alle spese in conto capitale per altiforni e impianti per la produzione di acciaio, e supporto di consistenti linee di credito disponibili pari a oltre 5 miliardi di euro.
Si punta, poi, all’espansione della gamma di prodotti con un investimento finalizzato in prodotti a qualità elevata: sviluppo della gamma di prodotti dell’Ilva, con prodotti di qualità elevata per i segmenti automobilistico, edilizio ed energetico; sfruttamento dell’estesa rete europea di ArcelorMittal per le vendite e il marketing; utilizzo del team tecnico di ArcelorMittal nel comparto automobilistico per sviluppare omologazioni per gli impegnativi segmenti dei produttori di apparecchiature originali; solide relazioni con clienti chiave garantite dalla presenza di Marcegaglia in qualità di azionista; riacquisizione del ruolo di fornitore leader di acciaio per il mercato italiano e non solo.
“Marcegaglia ha deciso di iniziare la collaborazione con ArcelorMittal perché eravamo convinti che la combinazione di eccellenze operative e finanziarie, unita ad una profonda conoscenza del mercato, rappresentassero la soluzione migliore per la rinascita dell’Ilva e delle persone che vi lavorano”, sono le parole di Antonio Marcegaglia, presidente e ad dell’omonimo gruppo, mentre Lakshmi N. Mittal, presidente e ad di ArcelorMittal, ha aggiunto: “Siamo convinti di avere il giusto piano industriale, il piano ambientale corretto e il piano commerciale idoneo per sostenere la trasformazione dell’Ilva”.
Non si espone la cordataAcciaItalia (Jindal, Delfin, Arvedi): si resta fermi alle dichiarazioni di Sajjan Jindal, in diverse interviste, sulla produzione da portare “a 10 milioni di tonnellate” che “genereranno posti di lavoro” anche se nell’immediato “probabilmente ci sarà qualche riduzione dei posti di lavoro”, concordata con i sindacati, e una sterzata verso l’innovazione. “Oltre alle dichiarazioni di investimento e alle intenzioni riguardo i livelli produttivi, non sono dichiarati i livelli occupazionali previsti”, ha spiegato Rosario Rappa, segretario nazionale Fiom-Cgil, circa l’offerta MarcegagliaArcelorMittal, sottolineando che “in attesa di conoscere i contenuti della seconda offerta presentata”, è “necessaria l’apertura di un tavolo al ministero che affronti in maniera dettagliata i piani industriali, relativi processi di ambientalizzazione e livelli occupazionali”.
La Fim Cisl, invece, valuta “positivamente” la disponibilità della Cordata ArcelorMittal-Marcegaglia di riattivare l’Altoforno 5, altra notizia di grande rilievo emersa nel pomeriggio di ieri. Così il colosso franco-indiano accetta la sfida di Jindal, che sin da subito aveva detto di voler ricostruire l’altoforno 5. “L’Afo 5 ha una capacità rilevante e l’Aia prevede il suo rifacimento”, spiega il leader Fim, Marco Bentivogli ricordando come il sindacato abbia sempre “affermato che è necessario che lo stabilimento di Taranto arrivi a 8 milioni di tonnellate” per stare sul mercato. Quanto alla questione ambientale per il sindacato “è di fondamentale importanza che i piani delle due cordate garantiscano una produzione ecosostenibile”.
Ma sopratutto è fondamentale accertare “che ci sia la volontà effettiva di investire per evitare che l’acquisizione dell’Ilva nopn sia finalizzata a risolvere problemi di mercatodi altra natura”, conclude. Il trasferimento degli asset messi sul mercato e’ previsto tra estate e autunno, una volta che il nuovo piano ambientale sara’ approvato con decreto del governo. I Commissari Straordinari Piero Gnudi, Enrico Laghi e Corrado Carrubba hanno aperto le buste presso lo studio notarile del professor Piergaetano Marchetti.